Strade perdute ★★★½

Partendo dal capolavoro hitchcockiano La donna che visse due volte, David Lynch si diverte a stravolgere i meccanismi del cinema noir, mettendo in scena l'opera forse più freudiana della sua filmografia. Avvalendosi di una sceneggiatura labirintica, che per raccontare il conflitto tra Es, Io e Super-Io sdoppia la personalità del protagonista e porta alla deflagrazione della linea narrativa, il film presenta una delle più importanti dichiarazioni di intenti del regista, fautore di un neurealismo¹, secondo cui il reale corrisponde al percepito e non a ciò che accade davvero. La radicalità dei paradossi e la consapevole rinuncia alla razionalità rendono l'opera di difficile fruizione, ma risulta il tassello fondamentale che porterà al più compiuto Mulholland Drive.

¹ Bruno Di Marino

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