La zona d'interesse ★★★½

Adattando l'omonimo romanzo di Martin Amis, Jonathan Glazer assimila le teorie sulla non rappresentabilità dell'Olocausto e allestisce un'opera cinematograficamente solidissima, che affida il Male alla potenza del sonoro e del fuori campo. A tradire la quiete che sembrerebbe trasparire dalla compostezza scenografica e dai dialoghi dei protagonisti sono dunque i prodigiosi stacchi di montaggio, la raggelante staticità dei punti macchina e la lividezza cromatica della fotografia, che lascia al bianco e nero della camera termica l'unico gesto sovversivo e di calore umano dell'intero film. Un capolavoro giustamente premiato a Cannes e dall'Academy.

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