Killers of the Flower Moon ★★★

Con un'opera fiume intrisa della sua poetica, Martin Scorsese mette in scena le origini degli Stati Uniti d'America, un corpo fatto di terra (di conquista e preservazione), sangue (di nemici violentemente uccisi) e petrolio (combustibile di una società avida fino al midollo e alla costante ricerca di denaro). Nulla di nuovo, si potrebbe obiettare, se solo la sceneggiatura non scegliesse di adottare il punto di vista del male, patito dal personaggio di Lily Gladstone (ennesima donna angelo di matrice schraderiana) e incarnato da Leonardo DiCaprio (inetto reduce di guerra nei panni di un burattino) e da Robert De Niro (subdolo manovratore nelle vesti di burattinaio). A tenere le fila è tuttavia proprio Scorsese, che da deus ex machina entra in scena, rompe la quarta parete e svela la mano invisibile: quella insanguinata del capitalismo, certo, ma anche del regista, autentico marionettista e aedo dell'epopea americana.

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